tuario perchè l'usufrutto sia estinto. Se la prescrizione fosse sospesa riguardo ad uno di questi, per ciò solo sarebbe sospesa ugualmente la prescrizione estintiva dell'usufrutto (1). 91. Vi è un altro caso di prescrizione acquisitiva che ha per effetto di estinguere l'usufrutto. Se il proprietario della cosa gravata d'usufrutto mi vende la piena proprietà, mi cede per lo stesso motivo il godimento, ma io non acquisto che la nuda proprietà, poichè il mio autore non aveva l'usufrutto. Potrei io, in questo caso, acquistare l'usufrutto per usucapione, se ho comprato il fondo ignorando che fosse gravato d'usufrutto? I motivi di dubitare e di decidere sono i medesimi che nell'ipotesi precedente. Si potrebbe, in entrambi i casi, obbiettare che l'acquirente non possiede l'usufrutto come separato dalla proprietà, che non può per conseguenza acquistarlo come un diritto distinto. Secondo la sottigliezza del diritto, ciò è vero, ma diremo con Pothier che la legislazione francese non ama le sottigliezze; è certo che l'acquirente ha avuto il godimento della cosa, e sarebbe stranissimo che egli potesse acquistare la piena proprietà per usucapione, e non potesse invece usucapire uno smembramento della proprietà (2). Questa seconda ipotesi differisce sotto più rapporti dalla prima. Anzitutto s'intende da sè che l'usufruttuario il cui diritto trovasi prescritto potrà esercitare l'azione in regresso contro il nudo proprietario. Invero, è pel fatto di costui ch'egli è privato del suo diritto: ora, il nudo proprietario non può col suo fatto nuocere ai diritti dell'usufruttuario (art. 599). Secondo parecchi autori vi è una seconda differenza. L'usufrutto è estinto definitivamente? ovvero n'è solamente impedito l'esercizio? Noi crediamo che la vendita seguita dall'usucapione non estingua il diritto dell'usufruttuario: egli non può esercitarlo, poichè trovasi di fronte ad un terzo proprietario che gli può opporre l'usucapione; ma se il terzo acquirente alienasse l'usufrutto, potrebbe l'usufruttuario primitivo esercitare il suo usufrutto? Il suo titolo è anteriore a quello del secondo usufruttuario; ora, il diritto reale più antico prevale su quello che è costituito posteriormente. Il secondo usufruttuario non potrebbe giovarsi dell'usucapione compiuta dal suo autore, poichè non ha acquistato che uno smembramento della proprietà. Anche questa soluzione è sottile, ma qui i principii sono troppo certi perchè si possa discostarsene (3). (1) PROUDHON, t. IV, p. 545, n. 2154 e seg (2) POTHIER, Du douaire, n 249, seguito da tutti gli scrittori. (3) AUBRY • RAU, t. II, p. 520, nota 53. Confronta DEMOLOMBE, t. X, n. 741. DUCAURROY, BONNIER e ROUSTAIN, t. II, n. 226, e MARCADE, sull'articolo 624, appendice n. 1. 92. Vi sono due casi di estinzione in cui il proprietario non ha alcun diritto, quando cioè l'usufrutto si estingue pel deperimento della cosa o per consolidazione nella persona dell'usufruttuario. Quando dunque si parla dei diritti del proprietario, in conseguenza dell'estinzione dell'usufrutto, si suppone che il godimento si riunisca alla nuda proprietà. La questione è di sapere in qual modo avvenga tale riunione. Dovrà il proprietario intentare una lite? No; Pothier dice ch'egli non ha bisogno di promuovere alcuna istanza contro l'usufruttuario od i suoi eredi per rientrare nel godimento; basta che faccia loro una semplice diffida a rilasciare il fondo (1). Ciò vuol dire che la riunione del godimento alla nuda proprietà si verifica di pieno diritto fin dall'istante in cui finisce l'usufrutto. Il testo del codice consacra implicitamente la dottrina di Pothier: l'art. 617 dice che l'usufrutto si estingue, ma non assoggetta il nudo proprietario ad alcuna formalità, ad alcuna condizione per rientrare in godimento. Ciò si comprende. Il nudo proprietario conserva il possesso per tutta la durata dell'usufrutto, poichè, riguardo a lui, l'usufruttuario non è che un detentore precario (2). Non può essere dunque tenuto a promuovere un'istanza qualsiasi per ricuperare il possesso, che non ha perduto mai. Quanto al godimento, esso non fu separato che in modo temporaneo dalla proprietà; dal momento in cui il godimento dell'usufruttuario cessa, ricomincia quello del proprietario. 93. Da questo principio discende una conseguenza sicura, cioè che il proprietario ha immediatamente l'esercizio delle azioni possessorie, quantunque non sia rientrato nel godimento da un anno ed un giorno. Egli infatti non ha mai cessato di possedere. Vi è una sentenza della Corte di cassazione in senso contrario (3). Proudhon la critica con una moderazione che onora il grande giureconsulto; è una di quelle decisioni erronee, egli dice, che debbono sfuggire, di tanto in tanto, ai magistrati più rispettabili, per ciò soltanto che sono uomini (4). Imitiamo noi pure tale riserbo, dacchè siamo tutti soggetti ad errare. Non crediamo di dover insistere sull'errore in cui è caduta la Corte suprema perchè esso è evidente. (1) POTHIER, Du douaire, n. 268. (2) Vedi il tomo VI dei miei Principii, n. 365. (3) Sentenza di Cassazione del 6 marzo 1862 (DALLOZ, alla parola Action possessoire, n. 249). (4) PROUDHON, t. V, p. 364, n. 2572. : 94. La conseguenza che deriva dal principio, in quanto concerne i frutti, è altresì evidentissima. Quando, all'epoca dell'estinzione deilusufrutto, vi sono frutti pendenti dai rami od uniti al suolo per le iadici, essi appartengono al proprietario, se l'usufruttuario coltivava egli stesso il fondo. L'art. 585 lo dice espressamente aggiungendo che non è dovuto alcun compenso per le spese dei lavori e delle sementi. Quanto ai frutti civili, l'usufruttuario non li acquista che in proporzione alla durata del suo usufrutto (art. 586); epperò essi apparterranno al proprietario dal momento in cui l'usufrutto ha fine. E l'applicazione del principio che i frutti appartengono al proprietario della cosa. 95. Da ciò consegue che l'usufruttuario od i suoi aventi causa debbono restituire immediatamente la cosa gravata d'usufrutto. Se rimangono in possesso, debbono dar conto dei frutti naturali e civili che hanno indebitamente percepiti, e possono anche, ove del caso, essere condannati ai danni interessi. Se ne deduce che essi dovranno di pieno diritto gli interessi: e cioè quelli che hanno percepiti, a titolo di restituzione, e quelli che non hanno percepiti, a titolo di danni-interessi. Vi sono tuttavia dei motivi di dubbio. É principio che gl'interessi non sono dovuti che dal giorno della domanda, salvo nei casi in cui la legge li fa decorrere di pieno diritto. Ora, non vi è testo che faccia decorrere gl'interessi di pieno diritto a vantaggio del proprietario: il che sembra decidere la questione. A ciò si risponde, e la risposta è perentoria, che l'art. 1153 non è applicabile che in materia di obbligazioni convenzionali, e ciò si comprende: era in facoltà del creditore lo stipulare gli interessi; se non lo ha fatto, bisogna naturalmente che li domandi. Non si può dire altrettanto in materia di diritti reali; in questi non vi è nè debitore nè creditore; quando l'usufrutto si estingue, l'usufruttuario od i suoi aventi causa detengono indebitamente le cose che appartengono al proprietario; se percepiscono interessi, questi interessi, come tutti i frutti, appartengono al proprietario; se non ne percepiscono, impediscono al proprietario di percepirli; gli debbono dunque i danni-interessi. Ciò decide la questione. Vi è un altro motivo di dubitare, cioè la tradizione. Pothier insegnava che il proprietario non avesse che un semplice diritto di credito contro gli eredi dell'usufruttuario quanto alle somme di denaro comprese nell'usufrutto, e che gli eredi non dovessero gl'interessi che dal giorno della domanda giudiziale (1). L'autorità di Pothier ha trascinato Demolombe; dopo di avere esposte le ragioni decisive che noi abbiamo riprodotte, egli finisce per concludere che il meglio sarebbe di attenersi alla dottrina tradizionale (2). Noi crediamo che l'opinione di Pothier, non ha, (1) POTHIER, Du douaire, n. 287. (2) DEMOLOMBE, t. XII, p. 584, n. 637. In senso contrario, AUBRY e RAU, t. II, p. 521 e nota 2, e le autorità che citano. Cfr. retro n. 30. nella specie, valore alcuno. Il grande giureconsulto era imbevuto dei pregiudizi cattolici, per ciò che ha tratto all'interesse; egli lo restringe, lo esclude sistematicamente, come avremo occasione di dimostrare nel corso del nostro lavoro. Questa antipatia per l'interesse ha fatto luogo ad un principio affatto contrario, cioè alla legittimità dell'interesse; bisogna dunque lasciar da parte la tradizione, e decidere la questione secondo il testo e lo spirito delle nuove leggi. 96. Si dovrà fare un'eccezione a questi principii in favore degli eredi dell'usufruttuario che godono d'un capitale compreso nell'usufrutto, in buona fede, vale a dire nella credenza che il loro autore ne fosse proprietario? Lo si ammette generalmente in vista appunto della loro buona fede, e si decide per conseguenza che essi non dovranno gli interessi ne non dal momento in cui la buona fede venga a mancare. Ma a noi sembra che sia questa un'erronea applicazione degli articoli 549 e 550. Gli eredi dell'usufruttuario non hanno titolo alcuno; al contrario il titolo in virtù del quale detengono le cose di cui il loro autore godeva, li obbliga a restituirle. Infatti, essi possono bensì essere in buona fede, ma non hanno la buona fede legale, la quale soltanto dà diritto ai frutti. Non insistiamo su questo punto perchè abbiamo già esaminata la questione altrove (1). 97. Pothier ammette un'altra eccezione al rigor dei principii. Quando l'usufrutto cade sopra una casa d'abitazione, finisce di pieno diritto come qualunque usufrutto; l'usufruttuario od i suoi aventi causa dovrebbero dunque lasciar la casa immediatamente. Ciò è impossibile, poichè ordinariamente l'usufrutto si estingue con la morte dell'usufruttuario; ora, il momento della morte è ignoto, ed il decesso impone dei doveri, fa nascere difficoltà ed imbarazzi, in mezzo a cui non si possono costringere gli eredi a sgombrare casa. Qui può essere invocata la tradizione, ch'è la voce vivente dell'umanità. Ma se l'umanità impone al proprietario di lasciar gli eredi in possesso durante un certo tempo, il diritto, da sua parte, vuole che quelli i quali occupano la casa altrui, la lascino, non appena è possibile, e che paghino un'indennità pel godimento che hanno avuto. Qual'è il termine dopo il quale il proprietario potrà, al bisogno, espellere gli aventi causa dell'usufruttuario? Demolombe cita l'art. 1736 sulla locazione verbale; basta leggere l'articolo per convincersi che non vi è alcuna analogia tra la locazione ed un'occupazione temporanea resa necessaria delle circostanze. Bisogna dire con Pothier che il giudice deciderà; infatti non prevedendo la legge la questione, spetta al magistrato di pronunziare secondo i principii dell'equità sulla quale riposa tutta questa materia. Ma il pro (1) Vedi il tomo VI dei miei Principii, n. 485 e seg. In senso contrario, AUBRY e RAU, t. II, p. 521, nota 2. : 1 prietario avrà diritto a reclamare un indennizzo? Sì, senza dubbio; gli eredi dell'usufruttuario privano il proprietario del suo godimento, gli debbono quindi la riparazione di questo pregiudizio (1). 98. L'usufruttuario deve restituire le cose di cui aveva il godimento. Qual'è l'estensione di questa obbligazione? a che l'usufruttuario è tenuto quando non restituisce? Noi abbiamo già risposto a queste domande, esponendo i principii sui diritti e le obbligazioni dell'usufruttuario. Egli è lo stesso dei diritti che l'usufruttuario può esercitare contro il nudo proprietario, quando ha fatto riparazioni straordinarie o costruzioni. Quanto alle migliorie egli non ha alcun diritto all'indennità; può soltanto togliere gli ornamenti e gli oggetti mobili che avesse collocato nel fondo. Rimandiamo il lettore alle spiegazioni che sono state date su tutti questi punti (2). Si sa che la giurisprudenza è rigorosissima verso l'usufruttuario; noi l'abbiamo combattuta in quanto concerne le costruzioni. Vi è tuttavia una questione sulla quale dobbiamo farle plauso per quanto la sua conclusione sia grave. Quando la legge ricusa all'usufruttuario qualunque indennità per le migliorie che avesse fatte, quando la giurisprudenza estende questo rigore alle costruzioni, è perchè supponesi che l'usufruttuario ha goduto dei lavori che ha eseguiti. Ma che decidere se l'usufrutto cessa immediatamente dopo che l'usufruttuario ha fatte le spese? Non vi è da esitare, la legge non distingue, e non è permesso all'interprete d'apportare una modificazione alle norme generali. È un rischio che sta contro l'usufruttuario. Ancorchè l'usufrutto venisse a cessare per un'altra causa, qualunque sia, l'art. 599 deve ricevere la sua applicazione. Il marito dispone un'usufrutto a favore di sua moglie; gli eredi riservatari, usando del diritto che dà loro l'art. 917, rilasciano alla moglie la proprietà della quota disponibile. L'usufrutto cessa allorquando appena è incominciato; nondimeno se l'usufruttuaria ha fatto delle migliorie, non potrà reclamare alcuna indennità. Ciò può essere affatto iniquo, ma l'equità deve tacere in presenza della legge. La Corte di Colmar ha deciso in tal senso: e ciò non ci sembra menomamente dubbio (3). 99. Quando l'usufruttuario ha fatto delle anticipazioni pel nudo proprietario soddisfacendo i pesi che gravano nel contempo sulla nuda proprietà e sull'usufrutto, ha un regresso contro il nudo proprietario, all'epoca dell'estinzione dell'usufrutto. Le sue anticipazioni producono interesse di pieno diritto a partire da questo momento, ovvero il nudo proprietario deve domandare gl'interessi in giudizio? Noi abbiamo detto che l'art. 1153 non è applicabile in materia di diritti reali; bisogna dunque risolvere (1) POTHIER, Du douaire, n. 268. DEMOLOMBE, t. X, p. 584, n. 638 e 639. (2) 1 principii sono riassunti in AUBRY e RAU, t. II, p. 522 е 523. |