diaria, quantunque in virtù del loro contratto siano spesso obbligati a pagarla; in questo caso, essi sono debitori verso il locatore, mentre l'usufruttuario è invece debitore verso lo Stato. Il codice aggiunge che lo stesso accade degli altri pesi che secondo la consuetudine gravano i frutti. Tali sono anzitutto i tributi cui sono obbligati gli abitanti di un comune e d'una provincia a vantaggio rispettivamente del comune e della provincia. Noi non parliamo soltanto dei centesimi addizionali che formano parte delle contribuzioni pubbliche, nel senso che sono percepite contemporaneamente all'imposta principale, quantunque il prodotto sia versato nelle casse del comune e della provincia. Vi sono altre imposte che vengono direttamente percepite dal comune e dalla provincia, e che, prelevandosi eziandio sulla rendita, sono a carico dell'usufruttuario. É necessario, come sembra dir la legge, che queste imposizioni siano annuali perchè l'usufruttuario sia tenuto a soddisfarle? No; ordinariamente esse sono perpetue e si percepiscono in ciascun anno, ed è perciò che la legge parla di carichi annuali. Ma l'usufruttuario vi sarebbe tenuto, ancorchè il carico non fosse permanente; così è dei centesimi addizionali che talvolta vengono imposti in cir. costanze straordinarie; così sarebbe altresì delle imposizioni in natura, come la requisizioni in tempo di guerra. Perchè i carichi pubblici siano sopportati dall'usufruttuario, basta una sola condizione, cioè che vengano imposti sulla rendita. É alla stregua di questo carattere che bisogna decidere se le contribuzioni straordinarie, imposte sotto forma di centesimi addizionali, debbano essere sopportate dall'usufruttuario (1). 2. Lo stesso è a dirsi di ogni peso pubblico che colpisca la rendita. Tale è l'obbligazione che incombe ai rivieraschi dei corsi d'acqua non navigabili di contribuire alle spese della loro polizia (2). É sopratutto dei carichi pubblici che il codice intende parlare, poichè porge come esempio le contribuzioni. Vi sono altresì dei carichi che risultano da convenzioni o dal titolo costitutivo dell'usufrutto. Perchè l'usufruttuario sia tenuto ad un carico convenzionale, occorre che questo costituisca un diritto reale; tali sono le ipoteche e le servitù che gravano il fondo di cui ha il godimento. Quanto alle obbligazioni personali, l'usufruttuario non vi è tenuto se non quando vi sia interessato a ragione del godimento della cosa, ovvero se gli siano state imposte dal titolo costitutivo dell'usufrutto. Le obbligazioni convenzionali concernenti nel contempo il godimento e la nuda proprietà si ripartiscono tra il nudo proprietario e l'usufruttuario, come diremo in appresso. (1) DUCAURROY, BONNIER E ROUSTAIN, t. II, p. 137, n. 206. DEMOLOMBE, t. Χ, p. 552, n. 601. AUBRY O RAU, t. II, p. 499, e nota 24. (2) Legge del 14 fiorile anno XI. PROUDHON, t. IV, p. 227, n. 1793. DALLOZ, alla parola Usufruit, n. 558, enumera questi pesi & 3. Qual'è l'estensione di questi carichi? L'art. 608 dice che l'usufruttuario vi è tenuto durante il suo godimento. Ciò vuol dire ch'egli vi è tenuto in ragione della durata del suo godimento. Essendo temporaneo il suo diritto, temporanei altresì debbono essere i pesi ch'egli sopporta. Bisogna dunque applicare, per analogia, ai carichi ciò che la legge dice dei frutti civili; come l'usufruttuario percepisce questi ultimi giorno per giorno, così è tenuto agli altri giorno per giorno (1). Ciò sarebbe perfettamente equo se tutti i frutti si percepissero, come i frutti civili, in proporzione della durata del godimento. Ma i frutti naturali non appartengono all'usufruttuario che allorquando sono separati dal fondo. Se dunque egli stesso provvede alla coltivazione, potrà avvenire che guadagni tutti i frutti dell'annata durante un godimento dei tre mesi, quantunque non sia tenuto ai pesi che in ragione dei tre mesi, che l'usufrutto ha durato. Al contrario, egli può essere tenuto ai pesi per sei mesi, senza aver percepito alcun frutto. V'ha di più. Se nel suo usufrutto vi è un bosco di alto fusto, egli dovrà soddisfare l'imposta fondiaria per tutta la durata del suo diritto, quantunque non possa eseguirvi neppure un taglio. Simili rischi fanno dell'usufrutto un diritto aleatorio (2). Ciò conferma quanto abbiamo detto intorno al principio concernente i frutti: i pesi dovrebbero essere sempre proporzionati al diritto; dacchè questi maturano giorno per giorno, l'usufruttuario dovrebbe pure aver diritto a qualunque specie di frutti, giorno per giorno (3). 4. E questione se l'usufruttuario sia tenuto a questi carichi oltre il suo beneficio, ultra vires, come si dice nel linguaggio scolastico. Quanto ai pesi pubblici, non vi è il minimo dubbio. Abbiamo detto che l'usufruttuario vi sarebbe tenuto, ancorchè non avesse percepito alcun frutto. Se l'usufruttuario percepisse i frutti naturali nel modo stesso che i civili, il carico sarebbe sempre minore del beneficio, poichè le imposizioni pubbliche sono stabilite in modo da lasciare al possessore che le paga la maggior parte della sua rendita. La questione si presenta sopratutto per i carichi particolari che il titolo costitutivo impone all'usufruttuario. Proudhon è esitante; la tesi gli sembra dubbia: ma, trascinato dall'autorità della tradizione, finisce col dire che l'usufruttuario non è tenuto a questi carichi che fino alla concorrenza del suo beneficio. Ciò che l'ha deciso, è il principio in virtù del quale il solo successore universale è tenuto ultra vires, ed è ancor necessario che egli rappresenti la persona del defunto. Demolombe si schiera fra i sostenitori di questa opinione aggiungendo la sua riserva abituale, che, cioè, bisogna consultare i termini dell'atto e tutte le particolari circostanze della specie (4). (1) AUBRY O RAU, t. II, p. 550. DEMOLOMBE, t. X, p. 557, n. 607. (2) PROUDHON, De l'usufruit, t. IV, p. 233-235, nn. 1805-1809. (3) Vedi il tomo VI dei miei Principii, n. 394. (4) PROUDHON, t. IV, p. 246, nn. 1822 e 1823. DEMOLOMBE, t. X, p. 554, n. 605. Noi non amiamo queste riserve che si fanno in favore delle circostanze della causa, perchè distruggono ogni idea di diritto. Ora, è ben questa una questione di diritto. Ci sembra che Proudhon confonda con i debiti i carichi che il titolo impone all'usufruttuario. Senza dubbio l'usufruttuario non è tenuto ai debiti ultra vires, poichè non vi contribuisce che relativamente agl'interessi. Ma i carichi sono regolati da principii affatto diversi. Vi è una prova evidente di ciò. L'usufruttuario di una cosa determinata non contribuisce mai ai debiti, neppure per gl'interessi; nondimeno egli sopporta i pesi pubblici di cui parla l'art. 608, e quelli eziandio che sono annessi al suo diritto in forza del titolo costitutivo. Egli è libero di non accettare l'usufrutto se i pesi gli sembrano troppo gravosi, libero pure di rinunciarvi se s'accorge che questi oltrepassano il beneficio; ma finchè rimane usufruttuario, deve sopportare i pesi cui si è sottoposto accettando l'usufrutto (1). 5. Al contrario, il titolo può affrancare l'usufruttuario dai pesi che dovrebbe sopportare in relazione alle rendite che percepisce. Il testatore può disporre che le imposte saranno sopportate, non dall'usufruttuario, ma dal suo erede. Va da sè che l'usufruttuario rimarrà obbligato verso lo Stato, poichè non appartiene ai privati di derogare alle leggi fiscali che attribuiscono allo Stato un'azione diretta contro l'usufruttuario. Ma l'usufruttuario che paga le imposte dalle quali il testatore lo ha affrancato avrà regresso contro l'erede. Ciò non presenta alcun dubbio (2). Del pari, il titolo che impone dei pesi all'usufruttuario può limitarli allo ammontare delle rendite. Questi pesi sono puramente d'interesse privato ed è perciò lecito ai privati di regolarli a lor posta. II. Dei pesi che gravano sulla piena proprietà. 6. Vi sono pesi imposti sulla proprietà, vale a dire sul capitale; siccome, durante l'usufrutto, il capitale è diviso fra il nudo proprietario e l'usufruttuario, entrambi debbono contribuire al pagamento di questi pesi. L'art. 609 stabilisce il principio che l'usufruttuario li sopporta relativamente agli interessi. Tali sono le contribuzioni di guerra; esse non sono imposte sulla rendita; colui che le impone intende colpire la proprietà medesima; è in qualche modo una taglia che i proprietarii pagano, per riscattare le loro terre le quali pel diritto del più forte appar. tengono al vincitore. È la proprietà riscattata che deve soddisfare la taglia. Quando la proprietà non è frazionata, il solo proprie (1) Confronta GENTY, De l'usufruit, p. 208, n. 255, e DALLOZ, alla parola Usufruit, n. 561. (2) PROUDHON. t. IV, p. 221, n. 1782. tario paga le contribuzioni di guerra; quando l'usufrutto n'è staccato, le due frazioni debbono contribuirvi: l'usufruttuario avendo il godimento, le sopporterà relativamente agl'interessi; il nudo proprietario, avendo il fondo, le sopporterà relativamente al capitale. 7. L'art. 609 dice che l'usufruttuario ed il proprietario contribuiscono ai pesi imposti sulla proprietà durante l'usufrutto. È questa la condizione sotto la quale l'usufruttuario è tenuto a tali carichi. Ma come bisogna intenderla? Secondo la lettera / della legge, si potrebbe credere che l'usufruttuario non contri- | buisca a questi pesi se non quando siano stati costituiti durante il suo godimento, di guisa che se la contribuzione fosse stata imposta prima che incominciasse l'usufrutto, l'usufruttuario non vi contribuirebbe, ancorchè il pagamento non dovesse farsi che durante il suo godimento. Tale non è il senso della legge. I tributi sono dovuti, non dal giorno in cui sono imposti, ma da quello in cui debbono pagarsi. Se la contribuzione di guerra è comminata nel 1870 e pagabile immediatamente, il solo proprietario vi sarà tenuto nel caso in cui l'usufrutto non incominci che nel 1871. Sarebbe così, ancorchè, di fatto, il proprietario non avesse soddisfatto il peso; dal momento ch'è pagabile, esso diviene un debito personale del proprietario, deve pagarlo anche quando la sua proprietà sia smembrata. Ma se la contribuzione di guerra, imposta nel 1870, non fosse pagabile che nel 1871, sia pel totale, sia per la metà, l'usufruttuario vi dovrebbe contribuire per la parte che scade durante il suo usufrutto. Tutti sono d'accordo su questo punto (1). 8. Quali sono i pesi che gravano sulla proprietà? E come si possono distinguere da quelli i quali non colpiscono che il godimento? E difficile definire i caratteri che li differenziano. Così i centesimi addizionali possono essere una contribuzione imposta sulla rendita ovvero una contribuzione imposta sulla proprietà. Bisogna considerare la causa dell'imposta, l'ammontare del carico, i termini in cui è stabilito. Vi sono pesi che non lascianc alcun dubbio; tal'è un prestito forzoso. Quando lo Stato ricorre ad una simile misura è precisamente perchè l'imposizione sul reddito non basterebbe per far fronte ai bisogni straordinarii che si presentano in tempo di guerra o di rivoluzione; esso è dunque obbligato a rivolgersi al capitale; vale a dire che siamo nel caso previsto dall'art. 609 e che l'usufruttuario vi deve contribuire (2). Abbiamo già citate le contribuzioni di guerra. L'indennità ch'è dovuta agli intraprenditori come prezzo dei lavori di prosciugamento di maremme ordinati dal governo, colpisce altresì la proprietà; ciò che lo prova, è che il proprietario della (1) PROUDHON, t. X, p. 283, nu. 1860, 1861. DEMOLOMBE, t. X, p. 560, n. 611 e gli autori che cita. (2) PROUDHON, t. IV, p. 287, n. 1866. maremma ha la facoltà di liberarsi dalla indennità coll'abbandonare una parte del fondo (1). Così è dell'indennità che i proprietarii debbono pagare allo Stato o alle compagnie concessionarie a ragione della plusvalenza che i loro fondi acquistano per la costruzione di un canale, d'una strada, di una diga (2). La causa dell'indennità n'è una prova certa: la proprietà aumenta di valore; è dunque la proprietà che deve pagare l'indennità, e per conseguenza l'usufruttuario vi deve contribuire, poichè la proprietà non può aumentare di valore senza che egli ne profitti. 9. Vi hanno altresì dei pesi d'interesse privato i quali, interessando nel contempo il godimento e la nuda proprietà, debbono essere sopportati dal nudo proprietario e dall'usufruttuario. Il testatore ha venduto un fondo con facoltà di riscatto; egli lega l'usufrutto di tutti i suoi beni. Se il riscatto è esercitato, il prezzo di vendita deve essere rimborsato al compratore. Ecco un carico che grava sulla piena proprietà; l'usufruttuario godrà del fondo riscattato, è dunque giusto che egli paghi l'interesse della somma che rappresenta questo godimento. Quando il defunto ha venduto l'immobile a prezzo vile, l'erede può domandare la rescissione per causa di lesione; se la vendita è rescissa, il prezzo dev'essere restituito al compratore; questo carico è sopportato dal proprietario e dall'usufruttuario, poichè entrambi ne profittano. Lo stesso è a dirsi di tutti quei casi in cui si faccia una. spesa nell'interesse comune del proprietario e dell'usufruttuario. Si applicherà l'art. 609 quanto al principio di contribuzione e quanto al modo di ripartire la parte contributiva fra le parti interessate (3). Nondimeno vi è una differenza importante tra i carichi pubblici e quelli d'interesse privato; i primi debbono essere necessariamente soddisfatti, epperò tanto l'usufruttuario quanto il nudo proprietario sono obbligati a contribuirvi; gli altri sono volontarii, nel senso che dipende dalle parti interessate di agire per rescissione e per riscatto, o di non agire. Nasce allora la questione di sapere se l'usufruttuario deve consentire all'azione che avrà per risultato d'imporgli un carico nel tempo stesso che gli procurerà un beneficio. Ritorneremo su questo punto più innanzi. Può darsi che il peso incomba tutto intiero al nudo proprie. tario, quantunque l'usufruttuario ne profitti. Il testatore lega l'usufrutto di una casa che non è intieramente compiuta alla sua morte. È stato deciso che l'erede fosse obbligato a condurre a fine la costruzione e che l'usufruttuario non dovesse contri (1) Legge del 16 settembre 1807, art. 21 e seg. PROUDHON, t. IV, p. 288, numero 1868. (2) Legge del 16 settembre 1807, articoli 19-21, 30 e 38. DEMOLOMBE, t. X p. 561, n. 612. (3) PROUDHON porge ancora altre applicazioni del medesimo principio, t. IV. p. 294, nn. 1877-1880. |