tuire. L'usufruttuario perderà o guadagnerà secondo che le azioni saranno in rialzo o in ribasso. E una conseguenza rigorosa del principio che non può farsi questione nè di mandato nè di gestione d'affari. 50. « L'usufrutto si estingue colla morte naturale o civile dell'usufruttuario » (articolo 617). Perchè l'usufrutto vien meno alla morte dell'usufruttuario? Si dà per ragione che tale sia l'intenzione delle parti interessate; ordinariamente ciò è vero, poichè il più delle volte l'usufrutto si costituisce per testamento o per contratto di matrimonio; ora, nell'intenzione del testatore o del donante, il godimento è costituito unicamente nell'interesse dell'usufruttuario; è dunque un diritto inerente alla sua persona e che deve estinguersi con lui (1). Ma l'usufrutto può essere altresì costituito a titolo oneroso; e non si può dire che il venditore costituisca l'usufrutto per affezione verso il compratore, allo scopo di dargli una certa agiatezza od anche qualche volta la ricchezza, come si può dire dei coniugi che si accordano reciprocamente l'usufrutto di tutti i loro beni. Un altro motivo ancora ha indotto il legislatore a limitare l'usufrutto alla vita dell'usufruttuario, ed è che la proprietà diverrebbe un diritto inutile dove se ne potesse staccare per sempre il diritto di godimento (2). Ma non vi ha ragione che giustifichi la disposizione del codice che assimila la morte civile alla morte naturale. È questa una norma tramandata dall'antico diritto. Il legislatore fa bene a rispettare la tradizione, ma ha torto di seguirla troppo servilmente. Non occorre che insistiamo su questa critica, essendo essa divenuta senza obbietto dopo che la morte civile è abolita nel Belgio ed in Francia. Quando vi è contestazione sul punto di sapere se l'usufruttuario è realmente defunto, a chi incombe l'onere della prova? Il principio è che spetta all'attore provare il fondamento della sua domanda; donde segue, a termini dell'art. 1315, che colui il quale si pretende liberato deve giustificare il fatto che ha (1) DUCAURROY, BONNIER e ROUSTAIN, t. II, p. 147, n. 220. (2) MOURLON, Répétitions, t. 1, p. 147. prodotto l'estinzione della sua obbligazione. Applicando questi principii, bisogna decidere che spetta al nudo proprietario il quale sostiene che il suo fondo è divenuto libero per la morte dell'usufruttuario, di provare il suo asserto. Vi è un altro diritto vitalizio per cui la legge stabilisce un principio contrario: essa impone al proprietario di una rendita vitalizia l'obbligo di giustificare la sua esistenza per ottenere il pagamento delle annualità, di guisa che il debitore nulla deve provare (art. 1983). Ciò avviene perchè le annualità sono considerate come altrettanti crediti condizionali cui il creditore della rendita non ha diritto che in quanto sia vivo al momento in cui esse scadono; mentre che l'usufruttuario ha un diritto nella cosa, al medesimo titolo che il proprietario; costui è gravato d'una servitù, spetta dunque a lui di provare che l'usufrutto si è estinto per una delle cause che lo fanno cessare di conformità alla legge (1). 51. L'usufrutto può essere costituito a vantaggio di più persone che debbono goderne l'una dopo la morte dell'altra. In questo caso, esistono altrettanti usufrutti quante sono le persone chiamate a godere. La prima è chiamata puramente e semplicemente, le altre condizionatamente, nel senso che debbono trovarsi in vita al momento in cui il diritto apresi in loro favore (2). La disposizione può essere altresì congiuntiva: nasce allora la quistione di sapere se vi è luogo al diritto d'accrescere tra i collegatari dell'usufrutto: noi la discuteremo al titolo delle Donazioni e Testamenti. La durata dell'usufrutto successivo non è un'eccezione alla regola stabilita dall'art. 617, poichè l'usufrutto è sempre limitato alla vita della persona ch'è chiamata a godere dopo tutte le altre, e il disponente avrebbe potuto chiamarla direttamente al godimento della cosa. Si può derogare alla regola, nel senso che l'usufrutto possa durare al di là della morte dell'usufruttuario? Noi abbiamo già risoluta la questione in senso negativo (3). Si obbietta che l'usufrutto non è vitalizio che in virtù della volontà presunta delle parti interessate, ma che questa presunzione deve cedere dinanzi alla prova d'una volontà contraria (4); se ne conclude che l'usufrutto può durare novantanove anni come l'enfiteusi. Noi abbiamo già risposto all'obbiezione esponendo i motivi del principio stabilito dall'art. 617. Non intendiamo sostenere, come si fa da taluno (5), che l'usufrutto sia d'ordine pubblico; ma vi è almeno un motivo d'interesse generale che giustifica la durata dell'usufrutto alla vita dei chiamati; la società è interessata a che la proprietà non divenga (1) DURANTON, t. IV, p. 626, n. 648. (2) Vedi il tomo VI dei miei Principii, n. 354. (3) Vedi il tomo VI dei miei Principii, n. 353. (4) DUCAURROY, BONNIER e ROUSTAIN, t. II, p. 184, n. 223 (5) MOURLON, Répétitions, t. I, p. 732. inutile fra le mani del proprietario, come il godimento dell'usufruttuario è limitato dai diritti del proprietario. Ciò basta perchè non possa derogarsi all'art. 617. Senza dubbio il legistatore avrebbe potuto determinare al godimento una durata indipendente dalla morte dell'usufruttuario, e che, ristretta in certi confini, non avrebbe resa inutile la proprietà. Ma egli non l'ha fatto, e non si può, in questa materia, applicare per analogia i principii che regolano l'enfiteusi, poichè grande è la differenza tra l'enfiteusi e l'usufrutto, come diremo in appresso. 52. L'usufrutto si estingue colla morte, ancorchè fosse stato costituito a titolo oneroso. Esso può dunque venir meno nel giorno medesimo in cui ha avuto luogo. La legge ha preveduto questo caso quando si tratta di una rendita vitalizia: l'art. 1975 dichiara senza effetto il contratto col quale venga costituita una rendita vitalizia sulla vita di una persona colpita dalla infermità per la quale è morta entro i venti giorni dal contratto. Non si può estendere questa disposizione all'usufrutto, essendo essa eccezionale. Noi diremo, al titolo del Mutuo, su quali ra. gioni tale norma è basata: esse non trovano applicazione nel caso dell'usufrutto. 53. L'usufrutto può essere stabilito in favore di una persona morale. Si domanda se la prima causa di estinzione, la morte, si applichi a queste persone fittizie. Esse possono morire fittiziamente così come nascono fittiziamente. La legge che le crea può anche abolirle, ed in questo caso, naturalmente, l'usufrutto ch'è stato loro accordato verrà a cessare, non potendo avere alcun diritto ciò che non esiste. Fuori del caso dell'abolizione legale, le persone civili non muoiono. Il legislatore ha dovuto dunque fissare un termine alla durata dell'usufrutto stabilito in loro favore, al fine di impedire che il godimento sia per sempre separato dalla proprietà. In diritto romano, vi erano due opinioni diverse: secondo gli uni l'usufrutto durava cento anni, il più lungo termine della vita umana: secondo gli altri, doveva cessare dopo trent'anni, durata media della vita dell'uomo. Le corporazioni non erano viste con favore nella Francia che usciva allora da una rivoluzione diretta in gran parte contro la più potente delle corporazioni, la Chiesa. Si legge nella relazione al Tribunato ch'era << un ridicolo pretesto» quello di paragonare, sotto il rapporto della durata della vita, una corporazione ad un essere reale. Il legislatore proferì l'opinione che tende a lasciare il meno che sia possibile il godimento separato dalla proprietà. Sono espressioni del tribuno Gary (1). (1) PERREAU, Relazione al Tribunato, n. 19 (LOCRÉ, i. IV, p. 134). Discorso di GARY, n. 26 (LOCRE, t. IV, p 141). Confronta DUCAURROY, BONNIER & ROUSTAIN, t. II, p. 147, n. 221; DURANTON, t. IV, p. 641, n 664; DEMOLOMBE, t. Χ, p. 216 n. 243. LAURENT Princ di dir, civ Vol. VII. 4 Essendo volontà ben formale del legislatore di ridurre la durata dell'usufrutto concesso alle persone civili, vi è una ragione di più per applicar loro ciò che abbiamo detto sulla questione di sapere se l'usufrutto possa durare oltre la vita umana. La negativa è insegnata quasi generalmente (1). È inutile insistere sul dissenso di taluni autori, essendo, in questa materia, i principii di una evidenza incotestabile. Notiamo solamente che non bisogna confondere coll'usufrutto il legato annuale d'una somma di danaro o di una certa quantità di derrate che venisse fatto ad un istituto di beneficenza o ad ospedali. Un simile legato può essere fatto in perpetuo, nel modo stesso che possono essere perpetue le rendite. Questo peso nulla ha di comune coll'usufrutto; esso diminuisce il godimento di colui al quale è imposto, non l'annienta; quindi non vi è alcun motivo per limitarne la durata (2). 54. L'usufrutto si estingue, dice l'art. 617, collo spirare del termine per cui fu costituito. Come si calcola il termine? Vi è una lieve difficoltà pel caso in cui l'usufrutto è legato. Il legatario, nell'opinione da noi professata, non ha diritto ai frutti che dal momento in cui gli è stata fatta la tradizione della cosa legata; è forse a partire da questo momento che decorrerà il termine per cui l'usufrutto è costituito? No, il diritto del legatario dell'usufrutto, siccome quello di qualunque legatario, incomincia alla morte del testatore; a partire da questo istante, egli è usufruttuario, e se non lo è che per dieci anni, questi incominceranno a decorrere immediatamente. Infatti, il termine è inerente al diritto di godere e non al godimento di fatto, salva, beninteso, l'espressione di una volontà contraria, essendo libero il testatore di modificare il legato come meglio vuole (3). 55. Il codice ha previsto un caso di applicazione che poteva dar luogo a qualche dubbio. A termini dell'art. 620 « l'usufrutto concesso sino a che una terza persona sia giunta ad una determinata età, dura fino a tal'epoca, ancorchè la detta persona sia morta prima dell'età fissata ». Io lego l'usufrutto dei miei beni a Pietro sino a che i suoi figli abbiano raggiunta l'età maggiore: i figli muoiono prima di essere maggiorenni. Che avverrà dell'usufrutto? E questione d'interpretazione di volontà; bisogna vedere ciò che il testatore ha voluto. Il legato può (1) AUBRY e RAU, t. II, p. 468, nota 4 e gli autori che citano. (2) PROUDHON, t. I. p. 408, n. 331. (3) PROUDHON, t. IV, p. 423, nn. 2033-2037. essere interpretato in due modi diversi. Gli autori del codice han consacrata l'interpretazione ammessa da Giustiniano; noi dubitiamo assai che questa sia la migliore. Nell'esempio che abbiamo dato, e che si porge abitualmente, è più che probabile che il testatore abbia legato l'usufrutto al padre per metterlo in grado di educare i suoi figli sino a che abbiano raggiunta l'età maggiore; dunque l'usufrutto è accordato in considerazione dei figli, e per conseguenza deve estinguersi alla loro morte, al pari che una rendita vitalizia, costituita in favore di un terzo, si estingue alla morte di costui (art. 1971). È ben questo il senso naturale del legato. Nel sistema del codice, si dice che l'età dei figli è un termine, e che per conseguenza l'usufrutto deve durare fino a che il termine sia spirato (i). Se tale è la volontà del testatore, bisogna confessare che ha prescelta una strana maniera per esprimerla. Che! Io voglio legare l'usufrutto per dieci anni, ed in luogo di dire semplicemente: io lego l'usufrutto per dieci anni a Pietro, dico: io lego l'usufrutto a Pietro sino a che Paolo sia pervenuto alla sua età maggiore! Noi non sappiamo se i Romani disponevano così; è certo che una simile idea non verrebbe in mente ad un testatore che desidera esprimere chiaramente ciò che vuole. S'intende da sè che l'art. 620 non è che un'interpretazione del legato, e che il testatore può manifestare una volontà contraria a quella che il legislatore gli suppone (2). 56. L'usufruttuario muore prima che il termine sia spirato. Forsechè l'usufrutto continuerà sino che il termine sia decorso? La negativa è ammessa da tutti gli autori, fatta eccezione pel solo Demante. Secondo lui, sarebbe una questione d'intenzione, ma è ciò che si contesta, nell'opinione generale. Si tratta anzitutto di conoscere se il disponente abbia diritto di avere l'intenzione che gli si suppone. Ora, noi abbiamo visto che l'usufrutto è un diritto essenzialmente vitalizio; esso non può oltrepassare la vita dell'usufruttuario, ancorchè il costituente lo volesse. Adunque, quando costui fissa un termine all'usufrutto, non può certo aver in pensiero di prolungare la durata del godimento oltre la vita dell'usufruttuario; ma solo di abbreviare la durata ordinaria dell'usufrutto. E ancorchè egli manifestasse espressamente la volontà contraria, l'usufrutto s'estinguerebbe ciò nondimeno per la morte dell'usufruttuario perchè egli non può mai oltrepassar questo termine (3). (1) PROUDHON, t.!, p. 532, n. 420. L. 12, C., De usufr. (III, 33). (2) DEMANTE, t. II, p. 553, n. 469 bis. DUCAURROY, BONNIER E ROUSTAIN, t. II, p. 148, n. 224. (3) Vedi le autorità in DEMOLOMBE, t. X. p. 625, n. 680 e in AUBRYO RAU, t. II, p. 625, in 680. In senso contrario, DEMANTE, t. II, p. 544. n. 460 bis III. |