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Toullier, e la cosa è di per sè evidente (1). « In luogo, egli scrive, di lasciare in istato di comunione forzata gli obbietti che servono a tutti, si può attribuirne la proprietà ad uno degli aventi diritto, gravandoli d'una servitù in favore dell'altro. Per esempio, procedendosi alla divisione di due case vicine, o d'una casa divisa in più piani, si può convenire che il pozzo, il cortile, ecc., rimarranno comuni; si può altresì pattuire che apparterranno ad uno degli eredi, e che saranno solamente gravati di servitù in favore dell'altro, il quale avrà diritto di attingere acqua al pozzo, di passare pel cortile, ecc. » Come potrà riconoscersi se il diritto d'uscita è stipulato a titolo di comproprietà o a titolo di servitù? Noi supponiamo sempre che vi sia un titolo. I tribunali avranno facoltà d'interpretarlo senza che si possa invocare una presunzione qualunque nè di servitù nè di comproprietà, poichè la legge non ne stabilisce alcuna.

È stato deciso che una via praticata sopra un terreno comune, e conservata dopo la divisione di questo terreno, deve essere considerata piuttosto come una comproprietà che come una servitù di passaggio. Infatti la strada, al momento in cui la si costruiva, era indivisa come il fondo, dunque comproprietà; per divenire proprietà esclusiva, avrebbe dovuto essere attribuita ad uno dei condividenti; pel solo fatto che fu conservata senza conferirla in alcuna delle quote, rimase, come era, indivisa, e perciò cosa comune a tutti (2). Al contrario è stato giudicato che se l'attore riesce solamente a provare un diritto di servitù, come il diritto di attingere acqua, non può reclamare la proprietà invocando talune espressioni equivoche che trovansi nell'atto stesso. Si parlava in una convenzione d'un pozzo comune, ciò che poteva intendersi di un pozzo il cui uso fosse comune: l'atto imponeva a colui che esercitava il diritto di attingere acqua l'obbligo di contribuire alla riparazione e ricostruzione del pozzo comune, il che, dice la sentenza, si spiega con le consuetudini sotto il cui impero la servitù fu costituita, e che regolano il modo col quale i vicini che hanno il diritto di attingere acqua debbono contribuire alla manutenzione del pozzo (3).

164. Abbiamo esposti i principii diversi che regolano la proprietà e le servitù (n. 159). Ciò che si disse della proprietà si applica pure alla comproprietà. Toullier dice che i diritti di comunione partecipano della natura dei diritti di servitù, in quanto sono dovuti piuttosto alla cosa che alla persona e si trasmettono quindi col fondo al nuovo proprietario (4). Ciò è

(1) TOULLIER, t. II, p. 208, n. 469 (edizione di DUVERGIER).

(2) Sentenza di rigetto del 25 aprile 18:5 (DALIOZ, 1855, 1, 160).

(3) Bruxelles, 13 marzo 1841 (Pasicrisie, 1844, 2, 259).

(4) TOULLIER, t. II, p. 469, n. 207 (edizione di DUVERGIER).

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evidente, poichè la proprietà è un diritto reale come la servitù: ma grande è la differenza che intercede tra la servitù e la proprietà.

La proprietà si acquista con la prescrizione; le servitù discontinue, come il passaggio, non s'acquistano che per mezzo di un titolo. Un terreno inghiaiato che serve di passaggio separa due case; è solo per questo passaggio che ciascuno de' due proprietari contigui può giungere alla sua casa ed alla sua scuderia. Uno di essi si pone a costruire un muro di cinta che chiuderebbe il terreno in questione. L'altro reclama ed invoca un possesso più che trentennale, continuo, non interrotto, a titolo di proprietario. A questa pretesa il convenuto obbietta che la servitù di passaggio non si può costituire colla prescrizione. Una sentenza della Corte di Pau, confermata dalla Corte di cassazione, decise che non si trattava d'una servitu, ma della comproprietà del terreno in litigio. Il lungo possesso, dice quel giudicato, provava che era intervenuta originariamente fra i due vicini una convenzione con cui si stabiliva che essi avrebbero goduto in comune la porzione di terreno necessaria perchè essi potessero giungere alle loro case rispettive; la prescrizione così acquisita faceva presumere l'esistenza d'un titolo, e dispensava dall'esibirlo (1). Era inutile, ci sembra, far ricorso ad una presunzione juris et de jure, allorchè la prescrizione acquisitiva tiene il luogo stesso del titolo. Se si fosse trattato di un diritto di passaggio, si sarebbe dovuto concludere che essendo la servitù discontinua non poteva acquistarsi con la prescrizione (2).

Le servitù si estinguono col non uso, mentre il proprietario conserva il suo diritto, quantunque rimanga più di trent'anni senza valersene. Una strada in comune prima della divisione è conservata come tale dopo la medesima; il diritto di passare si prescriverà pel non uso durante trent'anni? No, dice la Corte di cassazione (3); e ciò è incontestabile.

I diritti del comproprietario sono molto più estesi che quelli del proprietario del fondo dominante. Se si tratta d'una servitù d'attingere acqua, il proprietario ha solamente il diritto d'attingere acqua; non può lavarvi erbe e legumi, non può risciacquarvi biancheria. Celui che fosse comproprietario del pozzo potrebbe servirsi delle acque per tutti gli usi ai quali queste son destinate, colla sola condizione di non attentare all'egual diritto che ha il comproprietario di servirsi della cosa comune (4).

Il diritto di proprietà è assoluto, e la comproprietà conserva questo carattere colla limitazione che abbiamo or ora menzionata.

(1) Sentenza di rigetto del 10 gennaio 1842 (DALLOZ, alla parola Servitude, numero 1107, 2.°).

(2) Bruxelles, 16 giugno 1852 (Pasicrisie, 1854, 2, 16).

(3) Sentenza di rigetto del 25 aprile 1855 (DALLOZ, 1855, 1, 160).

(4) Bruxelles, 17 marzo 1841 (Pasicrisie, 1844, 2, 258).

Non è lo stesso delle servitù; qui vi sono due diritti in conflitto, ed il legislatore cerca di conciliarli. In generale, il proprietario del fondo serviente nulla può fare che diminuisca l'uso della servitù; se tuttavia l'esercizio del diritto gli divenisse più oneroso o se gl'impedisse di migliorare il suo fondo, la legge gli permette di offrire al proprietario del fondo dominante un luogo altrettanto comodo quanto quello ch'era stato stipulato, per l'esercizio dei suoi diritti, e questi non potrebbe ricusarlo. Gli acquirenti di una possessione convengono nel dividerla, di lasciare in comune una via necessaria allo sgombero delle immondezze ed alla coltivazione dei beni divisi. Uno di essi divenuto proprietario, in conseguenza di acquisti successivi, dei quattordici diciottesimi della strada, offre a quelli che non gli avevano ceduto il loro diritto, di rilasciar loro un terreno eguale ai quattro diciottesimi di cui rimanevano proprietari e di fornir loro sul suo fondo un passaggio più comodo dell'attuale per giungere ai loro boschi. Costoro ricusarono. Essi ne avevano il diritto; un proprietario non può essere spossessato contro sua volontà, per quanto vantaggiosa possa essere la fattagli offerta. Ora, nella specie, vi era appunto comproprietà. La sentenza aggiunge che vi era altresì comunione forzata, e ne conchiude che si trattava d'una servitù reciproca a vantaggio di ciascuna delle parti (1). Ciò è contraddittorio. Se vi fosse stata servitù, bisognava applicare l'art. 701; ora, la Corte decise precisamente che questa disposizione non poteva essere applicata al caso perchè eravi comproprietà, e questa non può coesistere colla servitù.

165. Eccoci giunti alle vere difficoltà della materia. Nella maggior parte dei casi non vi è titolo. Ciò accade per lo più delie strade inservienti alla coltivazione che esistono tra fondi rustici. Si legge in una sentenza della Corte di cassazione del Belgio che esistevano prima del codice civile ed esistono ancora oggidì un gran numero di queste vie. La Corte dice: << che esse debbono la loro esistenza al consenso reciproco dei proprietari vicini, i quali han preferito di mettere in comune e sacrificare ( il godimento di una porzione dei loro terreni anzichè trovarsi ostacolati nella coltivazione dei propri fondi » (2). Ciò è infatti probabilissimo, ma una probabilità non è una prova, essa non diviene tale se non quando il legislatore lo dichiari espressamente. Il codice avrebbe dovuto stabilire questa presunzione, ma non l'ha fatto. Che si dovrà decidere nel silenzio del legislatore?

Già nell'antico diritto, Lalaure scriveva di certi viottoli o piccoli sentieri che l'interesse comune dei proprietari aveva

(1) Parigi, 15 marzo 1856 (DALLOZ, 1857, 2, 11).

(2) Sentenza di rigetto del 25 febbraio 1841 (Pasicrisie, 1841, 1, 131).

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tracciato nei vigneti e nelle praterie per provvedere alla loro coltivazione; non bisogna, egli dice, riguardarli come servitù ; sono piuttosto vie comuni a quelli che hanno terre, vigne e prati nella pianura. Egli ne conclude che il proprietario il quale avesse dei fondi tagliati da simili sentieri non potrebbe proibirne il passaggio ai suoi vicini sotto il pretesto che non esibiscono titoli. Su che fonda Lalaure la sua opinione? La ragione è semplice, egli risponde, cioè che questi sentieri mettono capo ad altri fondi, i quali non potrebbero essere coltivati senza di loro, di guisa che i proprietari dei fondi che li circondano, o che per meglio dire, li comprendono, sarebbero tenuti, secondo il diritto comune, a fornire il passaggio ai loro vicini (1). Lalaure suppone dunque delle proprietà intercluse, ed è perchè sono tali ch'egli decide che i relativi padroni hanno diritto di passare per un sentiero praticato nella pianura per giungere a tutti i fondi fronteggianti. Ma a qual titolo hanno essi il diritto di passare? A titolo di proprietà o a titolo di servitù ? Lo hanno come proprietari, dice Lalaure. Ci sembra che la conclusione oltrepassi la premessa. L'interchiusura dà diritto al passaggio, ma solamente a titolo di servitù (art. 682), salvo alle parti, se lo vogliono, convenire che sarà ceduto il terreno istesso. Dal perchè i proprietari interclusi han diritto al passaggio, non si può dunque conchiudere che siano comproprietari del sentiero.

Tuttavia la dottrina di Lalaure è stata riprodotta sotto l'impero del codice, ed è consacrata dalla giurisprudenza. La Corte di Douai ha deciso che i sentieri i quali servono di via comune per la coltivazione si presumono di diritto appartenere ai fondi cui mettono capo, e che questa presunzione di diritto suppone una convenzione primitiva fra tutti i vicini (2). La Corte di Poitiers dice che « le vie, i viottoli e sentieri destinati alla coltura dei campi, come i viottoli contigui o divisori di abitazioni inservienti alla coltivazione, si reputano appartenere in comune ai proprietari fronteggianti di cui traversano o delimitano i fondi, salvo titoli o indicazioni che provino il contrario (3). In un'altra sentenza della medesima Corte è detto che vi è presunzione di comproprietà e non di servitù (4). La massima ha finito per passare in assioma. « É principio, dice la Corte di Agen, che una strada di servizio sia comproprietà di tutti i proprietari laterali » (5). Ciò non è ammissibile affatto. La presunzione di diritto invocata dalla giurisprudenza altra cosa non è che una presunzione legale, e come vi sarebbe

(1) LALAURE, Traité des servitudes, lib. III, cap. VII, p. 233 e segg.
(2) Douai, 9 gennaio 1838 (DALLOZ, alla parola Servitude, n. 33, 4.°).
(3) Poitiers, 10 febbraio 1853 (DALLOZ, 1853, 2, 152).

(4) Poitiers, 15 maggio 1856 (Dalloz, 1856, 5, 426).

(5) Agen, 4 marzo 1853 (DALLOZ, 1854, 5, 695).

una presunzione legale senza legge? Non essendovi presunzione si rimane nel campo del diritto comune. Tocca dunque all'attore di provare il fondamento della sua domanda. Egli pretende di essere comproprietario e non ha titolo che stabilisca questo suo diritto; non gli rimane quindi che provare la prescrizione acquisitiva mediante un possesso a titolo di proprietario, continuo e non interrotto per trent'anni.

166. Tal'è il principio; ma l'applicazione presenta serie difficoltà. È così grande l'analogia tra il possesso di un passaggio a titolo di proprietario ed il possesso a titolo di servitù! Come distinguerli? Io mi valgo durante trent'anni di un sentiero rurale: vi passo come comproprietario del sentiero o come proprietario di un fondo dominante? Si dice che non può farsi questione di servitù quando il litigio cade sopra l'uso di un sentiero rurale, perchè manca la condi. zione essenziale richiesta onde vi sia servitù; non vi è fondo dominante nè fondo serviente (1). Ciò equivale a dire, come fa Lalaure, che vi è sempre comproprietà; per meglio dire, si va oltre il pensiero dello stesso Lalaure, e si crea una presunzione di comproprietà che il codice ignora. Un passaggio non può essere forse costituito a titolo di servitù? Ed un sentiero inserviente alla coltivazione non è forse un passaggio? É, senza dubbio, probabile che vi sia stata una convenzione tra le parti interessate, come dice la Corte di cassazione del Belgio; ma occorre ripetere che una probabilità non è una prova? Può darsi che il terreno di recente diviso abbia appartenuto in origine ad un sol proprietario; il sentiero inserviente alla coltivazione sarà stato dunque originariamente una proprietà esclusiva. Indi la proprietà è stata frazionata in conseguenza d'una vendita o d'una divisione. Che si è convenuto all'atto di questa divisione? Lo s'ignora non essendovi titolo. Sempre però il sentiero può essere divenuto la proprietà esclusiva del compratore, riservandosi il venditore un semplice diritto di servitù, ovvero può essere divenuto proprietà esclusiva di uno dei condividenti, salva la riserva d'un diritto di passaggio per gli altri. Non si può dunque sostenere in modo assoluto che vi sia necessariamente comproprietà. Perciò la difficoltà sussiste, ed è una difficoltà di fatto. Si tratta di apprezzare gli atti di possesso stabiliti da colui che si pretende proprietario; provano essi la proprietà? o non provano invece che un diritto di passaggio? Il tribunale deciderà secondo le circostanze della

causa.

167. Nella specie decisa dalla Corte di cassazione del Belgio si trattava di un sentiero rurale destinato al servizio dei fondi che appartenevano alle parti in causa. La Corte di Gand, pur

(1) Requisitoria dell'avvocato generale Dewandre, nella causa decisa con la sentenza del 25 febbraio 1841 (Pasicrisie, 1841, 1, 130).

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